mercoledì 27 dicembre 2017

Fastweb le novità del 2018


Convergenza, trasparenza e sinergie. Sono questi i tre pilastri su cui verrà costruito il futuro di Fastweb che, secondo le dichiarazioni del CEO Alberto Calcagno rilasciate a Il Sole 24 Ore, non intende essere “né il quarto, né il quinto operatore mobile d’Italia” per consolidarsi come “primo operatore convergente”.

Non solo 5G, dunque, considerato comunque dall’azienda la vera sfida che consentirà a Fastweb di essere “dirompente” sul mercato: i tre assi individuati dovranno riguardare tutti gli operatori telefonici italiani, ed in particolare gli ultimi due - la trasparenza e le sinergie - potranno dare frutti solamente tramite una definita “volontà politica” da parte del Governo che dovrà necessariamente intervenire sulla questione dei 28 giorni di tariffazione e sui “costi occulti per i clienti” (è stato calcolato infatti che il 15 per cento dei ricavi delle tlc provengono da “balzelli impopri”, pari a circa 2 miliardi di euro) .

“Tifiamo per un soggetto unico Tim-Open Fiber”, dichiara Calcagno in merito alla auspicate sinergie. Del resto, la stessa Tim - per voce dell’Amministratore Delegato Amos Genish sembra non escluderne la possibilità avendo recentemente parlato di una rete “la cui proprietà non è in discussione". Le sinergie saranno dunque necessarie affinché le reti 5G - a metà tra mobile e fisso - vengano effettivamente rese disponibili alla popolazione.

Per ciò che concerne la trasparenza, l’operatore virtuale - secondo in Italia dopo PosteMobile - ricorda di aver già avviato un processo in tal senso lo scorso mese di maggio eliminando “le sorprese in bolletta”: la medesima filosofia (premiata sul mercato con il raggiungimento di 1 milione di clienti) verrà applicata anche con le nuove offerte, in arrivo il prossimo 20 novembre.

Tariffazione a 28 giorni e ritardo nell’applicazione della nuova normativa che regola il roaming europeo: sono questi i due spinosi aspetti su cui Fastweb è chiamata a rispondere nell’immediato futuro. Per quanto riguarda il primo, Calcagno ammette:

Siamo stati costretti, obtorto collo, ad adeguarci perché gli altri operatori erano già partiti da tempo e i clienti non avevano possibilità di comparare. Siamo stati gli ultimi. La notizia buona riguarda il prossimo ritorno alla tariffazione a 30 giorni, anche se Fastweb si augura che ciò valga non solo per il fisso e le offerte ibride, ma anche per il mobile (dove i 28 giorni rimangono per il momento “legalmente” validi):

 Abbiamo già comunicato ad Agcom che ci adegueremo prima possibile, ma ormai con il nuovo anno. […] Che lo si faccia per il fisso e le offerte ibride, come ci viene richiesto, ma anche per il mobile puro dove invece i 28 giorni sono consentiti. Altrimenti ci sarà una discriminazione sul mercato per operatori come noi.


Il secondo aspetto riguarda i ritardi sul roaming: Fastweb giustifica il mancato adeguamento “per una questione tecnica” dovuta essenzialmente ai costi più elevati di struttura da sostenere in qualità di Mvno. 

L’operatore virtuale ha ribadito infine l’interesse nel proseguire la collaborazione con Sky (700 mila clienti) e nel continuare ad investire sulla fibra nelle aree nere (le grandi città), in cui nel futuro è probabile che la fibra venga portata fin dentro casa (FTTH), ma solo “quando la domanda di velocità aumenterà”.


martedì 19 dicembre 2017

Net neutrality



La Federal Communications Commission (Fcc), l’authority americana per le telecomunicazioni, ha votato la misura sulla cosiddetta “net neutrality” che modificherà le regole cui si devono attenersi i provider di internet e che modificherà in maniera profonda l’internet così come l’abbiamo conosciuto finora. 

Mettiamo subito in chiaro che a cambiare saranno solo le disposizioni negli Stati Uniti dal momento che questo tipo di regole sono nazionali e che quindi l’Europa, e l’Italia, non sono coinvolte. Ma è altrettanto evidente che, se il vento cambia negli Usa, il dibattito si allargherà al resto del mondo. Già in Europa c’è qualche accenno di voler forzare la situazione. E il business chiederà di poter godere delle opportunità che si aprono.

Perché la scelta di rinunciare alle regole precedenti lascia ampia possibilità di manovra per le società di telecomunicazione, i fornitori di internet, di diversificare il traffico frammentando l’offerta sul modello delle tv a pagamento, rendendo alcuni contenuti prioritari a pagamento. Cerchiamo di capirci meglio.

Cos’è la net neutrality?

La “neutralità della rete” è l’internet come siamo abituati a usarlo oggi, dove tutte le informazioni, che siano messaggi, foto, video o file musicali, vengono trattate allo stesso modo: a nessun fornitore di servizi può essere garantita una velocità maggiore per arrivare all’utente finale: Netflix, Spotify e Youtube hanno la stessa velocità di qualsiasi altro servizio. L’idea di fondo è che internet non segue i principi del denaro ma dell’originalità dell’idea e della qualità del contenuto. Senza la net neutrality, si apre la strada al dominio delle società, in particolare dei fornitori di contenuto, disposte a pagare per avere la priorità per i propri contenuti.

Cosa è successo?

A Dicembre 2017 si è riunita la Fcc per votare su un ordine del giorno che mira a cancellare le modifiche approvate sotto la presidenza di Barack Obama, le quali avevano imposto l’obbligo di non violare la net neutrality. Oggi la maggioranza è in mano all’attuale presidente, il repubblicano Donald Trump, – sempre in misura di tre membri contro due – e il provvedimento è stato approvato. Con la conseguenza che sarà eliminato qualsiasi tipo di regolamentazione per le compagnie tlc, quelle che forniscono banda e accesso. 

Tra l’altro il presidente della Fcc scelto da Trump, Ajit Pai, viene dal mondo delle tlc, avendo seguito l’ufficio legale di Verizon. Fin dal suo insediamento Pai ha ribadito che la regolamentazione imposta ai tempi di Obama hanno avuto l’effetto di deprimere gli investimenti nel settore, anche se i dati non segnalano una caduta. Nel corso della riunione, difendendo la sua proposta il presidente ha ribadito che le norme sulla net neutrality hanno frenato l’espansione e l’innovazione e che la liberalizzazione permetterà di far avanzare il business, senza che questo comporti “la morte di internet” o “la fine della democrazia”.

Cosa potrebbe cambiare?

Con la fine della neutralità saranno i contenuti a pagamento ad avere la meglio: per avere Netflix, oltre all’abbonamento, bisognerà pagare una quota supplementare al provider internet (in Italia sarebbero Tim, Vodafone o Fastweb, per esempio) per avere una qualità sufficiente per vedere il film. In assenza di regole che garantiscano la net neutrality, il flusso dei dati e dei file su internet sarà deciso dalla contrattazione tra i big dei contenuti e i big delle tlc, trasferendo ovviamente i costi sull’utente finale. Con il risultato secondario, ma non per questo meno rilevante, di tarpare le ali all’innovazione sul web.

Se i fornitori di internet saranno liberi di fare quello che vogliono, senza alcuna regola, con ogni probabilità non passerà molto tempo che andranno a chiedere soldi ai produttori di contenuti, da Netflix a Youtube ma anche a Google e Facebook, per cercare di portare più traffico sulle loro piattaforme. In effetti i big dei contenuti non sono del tutto contrari perché hanno liquidità sufficiente per pagare “corsie preferenziali” sul web che garantiscano di mettere in un angolo i concorrenti meno ricchi. Ma senz’altro i grandi vincitore di questo provvedimento sono i colossi delle tlc: in Usa parliamo di AT&T, Verizon e Comcast.

Chi perde?

A perdere saranno soprattutto gli utenti normali, come noi. Probabilmente non succederà dalla sera alla mattina, ma negli Stati Uniti i provider di banda larga inizieranno a limitare o rallentare quello che si può vedere sul web, presentando offerte per garantirci di poter vedere i siti e fruire dei servizi che normalmente utilizziamo. A soffrire saranno anche le società internet più piccole, quelle che non riusciranno a garantire un adeguato compenso per il traffico e, soprattutto, le startup che non potranno sperimentare nuovi servizi in rete, allo stesso modo in cui avevano fatto, a suo tempo, Google, Facebook e Netflix.

Cosa succederà?

Di fatto con questa votazione la Fcc rinuncia ai propri poteri regolatori su internet, abdicando in favore del mercato. In seguito alla decisione odierna è probabile che la Federal Communication Commission sia oggetto di  una serie di cause legali – già l’attorney general di New York ha annunciato un’iniziativa a nome di diversi stati – che rimprovereranno all’authority di aver rinunciato a quello che è scritto nel proprio mandato istituzionale. E il risultato non è del tutto scontato.


martedì 12 dicembre 2017

I flop tecnologici del 2017



Il 2017 è stato un anno pieno di avvenimenti per il mondo della tecnologia. Ma non tutto è andato come previsto: alcuni prodotti, lanciati con grande enfasi, hanno fallito la prova con il mercato. E altri non ci sono nemmeno arrivati

Quando le aziende lanciano sul mercato un nuovo prodotto sono convinte che tutto andrà per il meglio e che otterrà il gradimento da parte degli utenti. Purtroppo, non sempre è così. Anzi. In alcuni casi assistiamo a dei veri e propri fallimenti tecnologici (ed economici). E il 2017 non è stato differente. Alcune aziende hanno rischiato di chiudere a causa di scandali legali che le hanno colpite, mentre altre hanno lanciato sul mercato dei dispositivi che non passeranno alla storia per le loro funzionalità. Gli errori tecnologici non riguardano piccole startup, ma le grandi aziende dell'hi-tech. Tra le decine di servizi e prodotti che offrono è normale commettere qualche piccolo errore.

Ma tra i fallimenti tecnologici del 2017 non troviamo solamente dispositivi e servizi, ma anche una battaglia che per il momento le società dell'hi-tech stanno perdendo. Stiamo parlando della lotta alle fake news. Nonostante gli sforzi compiuti da Facebook, Twitter e Google, le notizie false continuano imperterrite a essere diffuse sulle piattaforme social e a influenzare l'opinione pubblica. Oltre alle fake news, tra gli errori tecnologici del 2017 troviamo aziende del calibro di Samsung e Tesla. L'azienda sudcoreana ha lanciato nel 2017 Bixby, il nuovo assistente personale presente sui suoi smartphone. Oltre al fatto di non essere ancora disponibile in italiano, Bixby non ha entusiasmato gli utenti. Per Tesla, invece, la questione è più delicata. Non si tratta di un problema legato ai modelli che realizza, bensì ai ritardi nella produzione della Model 3, la vettura elettrica medio di gamma che può essere acquistata per una cifra tra i 30.000 e i 50.000 euro (a seconda degli optional). Dopo il successo ottenuto in fase di pre-ordine, l'azienda statunitense avrebbe dovuto produrre almeno 1.500 vetture al giorno. Per il momento non ne riesce a fare più di 250. Ecco tutti i fallimenti tecnologici del 2017.

In un articolo sui fallimenti tecnologici non si può non parlare delle fake news. Non tanto perché le bufale abbiano fallito. Anzi. Ciò che ha fallito sono le contromisure adottate dalle piattaforme social per bloccare la diffusione delle notizie false. Facebook, Twitter e Google sono in prima linea per riuscire ad arginare il problema delle fake news. Ma per il momento non si riesce a trovare una soluzione e le bufale continuano ad alimentare un giro d'affari che fa ricche alcune società di comunicazione. Ma il problema più grande riguarda l'influenza che le notizie false hanno sull'opinione pubblica e la capacità di cambiare i destini di un'elezione politica.

Ogni tanto anche Elon Musk sembra commettere qualche errore. Il vulcanico imprenditore statunitense di origine sudafricana non ha passato un bel 2017. Perlomeno non lo ha passato Tesla, l'azienda che doveva cambiare per sempre il mercato dell'automotive ma che sta incontrando più di qualche problema. Nonostante la presentazione di una Roadster e del primo camion completamente elettrico, la produzione della Tesla Model 3, una vettura di classe media ma con accessori premium, sta andando molto a rilento. Per soddisfare le richieste dei clienti, l'azienda statunitense dovrebbe produrre circa 1500 auto al giorno, ma per il momento ne riesce a realizzare poco più di 250. Inoltre, Tesla ha anche annunciato il licenziamento di circa 400-700 operai dallo stabilimento di Freemont, sembrerebbe a causa di performance annuali sotto i livelli stabiliti dall'azienda statunitense.

Anche i robot possono suicidarsi. Knightscope K5 è un robot presente in alcune città degli Stati Uniti e affianca la polizia locale nella sorveglianza dei quartieri. Molte società li utilizzano anche per la protezione dell'azienda: i robot Knightscope K5 dispongono di sensori a 360 gradi, visore notturno e tutta una serie di funzionalità che permettono di capire se qualcosa non sta andando nel verso giusto. Nelle intenzioni dell'azienda che li realizza, Knighscope K5 avrebbe dovuto sostituire nel futuro gli stessi poliziotti, ma quest'anno le cose non sono andate benissimo. Un robot ha mostrato dei problemi dopo che alcune persone lo hanno aggredito, mentre un Knightscope K5 presente a Washington D.C. è stato ritrovato all'interno di una fontana, come se avesse deciso di suicidarsi.

L'iPhone 8 non sarà uno smartphone che passerà alla storia. Non perché abbia dei problemi di funzionamento o di costruzione. Anzi. Sotto questo punto di vista è praticamente perfetto. Il vero problema riguarda l'uscita contemporanea dell'iPhone 8 Plus (che rispetto al fratellino minore ha la doppia fotocamera posteriore) e quella successiva dell'iPhone X. Come normale che sia, il primo smartphone borderless di Apple ha catalizzato l'attenzione degli utenti e l'uscita dell'iPhone 8 è passata quasi in secondo piano. Non si tratta di un vero e proprio fallimento tecnologico, ma più che altro di una scarsa attenzione da parte degli utenti

Il 2017 è stato un anno orribile per Uber, che ha letteralmente messo in crisi la stabilità dell'azienda. Molti gli scandali che hanno colpito la società, a partire dalle accuse di violenza fisica subita da alcune donne da parte di autisti di Uber fino ad arrivare alla rivelazione dei 57 milioni di account hackerati e che hanno obbligato la società a trattare con i pirati informatici. Il CEO dell'azienda, Travis Kalanick, ha anche rassegnato le proprie dimissioni a metà anno, lasciando la guida dell'azienda a un nuovo direttore amministrativo.

Era uno dei giochi più attesi dell'anno, ma fin dal primo momento è stato subissato di critiche. Stiamo parlando di Star Wars Battlefront II, lo sparatutto online ambientato nel mondo di Guerra Stellari. Come accade oramai per la maggior parte dei videogame tripla AAA, ovvero con alle spalle un budget corposo per lo sviluppo, sono presenti le microtransazioni. Solitamente sono utilizzate per permettere ai giocatori di ottenere dei crediti da spendere nello shop del gioco o per acquistare direttamente armi, armature e abilità speciali. In Star Wars Battlefront II le microtransazioni servivano a sbloccare gli Eroi della serie, i personaggi più forti che sul campo di battaglia possono fare la differenza. Invece di giocare 40 e più ore per riuscire a sbloccarli, gli utenti potevano tranquillamente pagare. Anche dopo aver effettuato per la prima volta l'accesso al gioco. I giocatori hanno immediatamente protestato ed Electronic Arts ha deciso di togliere le microtransazioni chiedendo scusa ai giocatori.

Bixby è stato presentato come l'assistente personale capace di sfidare ad armi pari Siri, Google Assistant e Alexa. Ma a quasi un anno di distanza dall'annuncio ufficiale, oltre a non fare il suo debutto in italiano, l'intelligenza artificiale mostra ancora alcuni problemi. Sicuramente non è la caratteristica per cui gli utenti dovrebbero acquistare un Galaxy S8 o un Galaxy Note 8 (che anche senza il supporto di Bixby restano due tra i migliori smartphone dell'anno).

Le emoticon fanno parte della nostra vita quotidiana. Le utilizziamo decine di volte all'interno delle applicazioni di messaggistica istantanea. E negli Stati Uniti hanno deciso di utilizzarle per realizzare un film d'animazione. In Italia è arrivato con il nome di Emoji – Accendi le Emozioni. Se al botteghino ha raccolto anche un discreto successo, lo stesso non lo si può dire dei commenti della critica. I commenti sono stati sprezzanti e le votazioni molto al di sotto della sufficienza.

martedì 5 dicembre 2017

La rete 5G è il futuro della telefonia mobile



Secondo un report di Ericsson il 5G vede davanti a se un futuro roseo grazie alla diffusione dei dispositivi IoT e alla necessità degli utenti di una connessione mobile sempre più performante, è quello che risulta da un'analisi inclusa nel Mobility Report di novembre dell'azienda di telecomunicazioni, che indica che il numero degli utenti di rete mobile 5G supererà il miliardo nel 2023.

L'azienda svedese stima che ci sono circa 7.8 miliardi di utenti connessi a rete mobile e si pensa che tale cifra sorpasserà i 9.1 miliardi nei prossimi 6 anni. Secondo l’indagine la Cina rappresenta la nazione con il più alto fattore di crescita con circa 30 milioni di acquisizioni nette di utenti mobile nel terzo trimestre del 2017. L'Indonesia si posiziona al secondo posto, totalizzando una cifra di almeno 4 milioni di sottoscrizioni nel 3° trimestre del 2017 seguono Stati Uniti e Angola rispettivamente al terzo e quarto posto.

Entro il 2023, si stima che ci saranno più di 20 miliardi di dispositivi IoT sul pianeta, una cifra destinata ad aumentare  costantemente nel prossimo decennio e quasi il 10% di questi device saranno connessi alla rete attraverso una connessione mobile . Buona parte dell'impennata nella diffusione dei device IoT viene attribuita alla quinta generazione delle reti mobile, il 5G, ed ai vantaggi che questa tecnologia offre.

Ad oggi la maggior parte dei device IoT usa connessioni broadband tradizionali e non è in grado di comunicare con le reti mobile. Ma si prevede che la connessione 4G LTE diventerà la tecnologia wireless dominante entro la fine dell'anno 2017 e che la maggior parte dei contenuti visualizzati dagli utenti saranno contenuti video.  Secondo queste stime, il traffico di video da mobile crescerà del 50% ogni anno fino al 2023 mentre  per lo stesso lasso di tempo il fenomeno dei social network si pensa crescerà del 34% ogni anno.

Sempre secondo il rapporto il fenomeno social, infatti, non accenna a fermarsi, continuando a crescere superando le aspettative,  al contempo la maggior parte dei contenuti video che si pronostica verranno visualizzati online dagli utenti, arriveranno proprio dai social. L’indagine infine, afferma che il confine tra social e video si sta sempre più assottigliando, soprattutto grazie a servizi come YouTube, che persistono nell' implementare elementi social, spronando la condivisione e l'interazione dell'utente.

martedì 28 novembre 2017

Identità biometrica digitale



Sviluppata nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea, garantisce l'accesso in modalità robusta ad applicazioni e servizi sensibili

Con l'arrivo dell'iPhone X è diventata, improvvisamente o quasi, una tecnologia di dominio pubblico, conosciuta sin nei minimi dettagli un po' da tutti. La realtà, però, è che la scansione del volto e il riconoscimento facciale come sistema di sicurezza per lo sblocco dello smartphone è tutt'altro che una novità. Già prima di Apple, altri produttori avevano provato a implementare questa soluzione sui loro dispositivi (vedi Samsung con il Note 7 e, successivamente, Note 8), mentre diverse amministrazioni pubbliche avevano pensato a questa particolare forma di biometria per l'accesso a servizi individuali in via telematica.

Uno delle sperimentazioni più avanzate in questo senso è quella portata avanti nell'ambito del progetto PIDaaS, che coinvolge 8 partner di 5 nazioni europee (Italia, Lituania, Norvegia, Regno Unito e Spagna) e coordinato dal Consorzio per il Sistema Informativo (CSI) della Regione Piemonte. Finanziato con 4 milioni di euro nell'ambito del Programma Quadro per l'innovazione e la competitività (CIP) dell'Unione Europea, ha portato allo sviluppo di tecnologie e un framework operativo rivelatosi fondamentale per la creazione di un sistema di riconoscimento basato sull'identità biometrica digitale.

Che cos'è il progetto PIDaaS
Acronimo di Private Identity as a Service ("identità personale come servizio" in italiano), il progetto PIDaaS ha coinvolto, come accennato, enti pubblici, aziende private ed enti di ricerca di cinque diverse nazioni dell'Unione Europea. Gli otto partner hanno collaborato per realizzare un sistema che, sfruttando le tradizionali tecnologie di biometria e le piattaforme di gestione dell'identità, permettesse l'accesso sicuro a informazioni strettamente riservate e personali.
Successivamente sperimentato da 200 persone in Italia, Lituania e Spagna (rispettivamente nell'ambito dell'e-citizenship, e-market ed e-health), il progetto ha fatto registrare risultati più che significativi e portato alla creazione di un sistema di riconoscimento biometrico digitale dalle molteplici applicazioni.

Cos'è e come funziona l'identità biometrica digitale
Il progetto PIDaaS basa il suo funzionamento sul concetto di Something I am (traducibile con "Qualcosa che sono") anziché su modelli "standard" come Something I know ("Qualcosa che conosco", come una password) e Something I have ("Qualcosa che ho", come una chiavetta crittografica o un token di accesso). Sfruttando sistemi di riconoscimento del timbro vocale e del volto, è stato realizzato un modello che unisce i dati biometrici a elaborati meccanismi di gestione dell'identità digitale biometrica (Biometric Template Protection Schemes). In questo modo è stato possibile garantire elevati standard di sicurezza informatica (non transitabilità delle informazioni biometriche e inviolabilità dell'accesso).

Identità digitale
Il tutto si è concretizzato in un'app per smartphone in grado di gestire l'identità biometrica digitale in maniera sicura e intuitiva. Grazie a questo sistema, le persone coinvolte nella sperimentazione hanno avuto accesso in modalità robusta (strong access nel gergo tecnico) ad applicativi web contenenti loro dati personali o informazioni riservate. Bastava, ad esempio, dire il proprio nome o effettuare la scansione del volto per effettuare il login e trovarsi catapultati all'interno del proprio profilo personale sul portale dell'amministrazione comunale o accedere alla propria cartella clinica.

I vantaggi per i cittadini
 Nel momento in cui le tecnologie di riconoscimenti biometrico sviluppate nell'ambito del progetto PIDaaS saranno rese pubblicamente disponibili e implementate in servizi di ogni genere, i vantaggi per i cittadini saranno immediati. Come verificato nel corso della sperimentazione, l'identità biometrica digitale può essere utilizzata per accedere all'anagrafe digitale del comune e ottenere certificazioni anagrafiche senza che ci sia bisogno di recarsi fisicamente negli uffici. O, ancora, si potrà consultare la cartella sanitaria dal proprio computer senza timore che qualche hacker possa rubare le chiavi d'accesso al nostro profilo personale (cosa che, invece, può accadere nel momento in cui si utilizzano sistemi basati su password o token d'accesso fisici).